RAIZ A TRIESTE IL 22.06.23

«Napoletani e triestini parlano quasi esclusivamente la lingua del posto, in questo siamo molto simili. A Trieste mi sento a casa, nonostante le differenze linguistiche, del cibo, del background culturale, c’è una comunità in cui tutti possono sentirsi della stessa famiglia. Le città di mare sono sempre accoglienti, con il porto e il calore della gente. Puoi difendere un castello, una rocca, ma il mare è aperto, per questo noi che siamo nati in città di mare siamo disposti al dialogo e alla convivenza». Raiz, voce inconfondibile degli Almamegretta, in questi anni attore anche nella fortunata serie Rai “Mare Fuori”, chiude la sedicesima edizione del festival “Erev/ Layla” (promosso dall’Associazione Musica Libera con Museo e Comunità Ebraica di Trieste e Festival Viktor Ullmann) giovedì alle 21 alla Sinagoga di Trieste (ingresso, con prenotazione, da via Donizetti 4). 

Raiz, uno dei suoi primi live a Trieste fu negli anni ’90 a Muggia, ricorda invece l’ultima volta?

«Forse la Barcolana in Piazza Unità, parecchio tempo fa».

Cosa può anticipare del concerto in sinagoga?

«Sono contento di suonare in un posto particolare, che fa parte del mio mondo spirituale. Sarò con Giuseppe de Trizio, il chitarrista dei Radicanto con i quali condivido tanti progetti. Faremo un repertorio di musica ebraica del mediterraneo. Voce e chitarra, tra canzoni popolari e brani para liturgici. Molti pezzi sono tratti da “Neshama”, disco del 2018 con i Radicanto».

Include anche qualcosa degli Almamegretta e del suo recente album solista “Si ll’ammore è ‘o ccuntrario d’’a morte”?

«Per me è un tutt’uno. Il mio ultimo disco, tributo a Sergio Bruni, non ha nulla a che vedere con la musica ebraica ma ha un sacco a che vedere con la musica mediterranea e ci sono delle contiguità, quindi propongo in scaletta “Carmela”. Come può starci “Nun te scurdà” degli Almamegretta». 

La lingua ebraica ha in comune con il napoletano la musicalità?

«Il napoletano è una lingua indoeuropea, eppure ha una vocalizzazione simile alla lingua semitica, ci sono delle assonanze e quando posso le accosto, per rimarcare il concetto della convivenza tra culture che è il leitmotiv di tutto il mio lavoro musicale».   

Com’è entrato nel cast di “Mare Fuori” e come si è sviluppato il personaggio di Don Salvatore Ricci?

«Il provino è stato una formalità perché il regista Carmine Elia voleva assolutamente me. Il personaggio è fondamentale perché padre di due protagonisti (Ciro e Rosa), ma all’inizio stava nell’ombra e più che altro pensavo alle canzoni. Poi è piaciuto e si è creata una bella interazione con l’attrice che interpreta Rosa, quindi è cresciuto molto lo spazio. Sono davvero curioso di sapere che succederà nella quarta stagione!».

La colonna sonora ha avuto enorme successo (oltre cinquanta milioni di streaming), con brani come “’O Mar For”, “Ddoje mane”, “Tic Toc – Non è andata così”. 

«Sto scrivendo altre quattro canzoni per la prossima stagione ed è bizzarro che gli attori scrivano anche una parte della colonna sonora, è una cosa nuova: ricorda quasi un laboratorio teatrale. È una serie che è stata costruita piano piano dal basso, con una grande sinergia tra cast, regia, sceneggiatura. Credo sia ancora in trasformazione. Oggi è uscito l’album delle figurine! Chi l’avrebbe detto quando abbiamo cominciato». 

Elisa Russo, Il Piccolo 21 Giugno 2023

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