«Presenteremo uno show simile a quello portato a Umbria Jazz: tanto swing, jazz, blues e anche qualche classico della musica italiana». Ray Gelato, padrino dello swing, paragonato a icone come Cab Calloway e Louis Prima e definito “uno degli ultimi grandi intrattenitori jazz” è il protagonista della seconda serata targata Miela nella location estiva del Castello di San Giusto, domenica alle 21. Ray Keith Irwin, nato a Londra, origini italo-americane, è legato all’Italia a partire dal nome d’arte che si è scelto, Ray Gelato, e canta in italiano classici come “Via con me”, “Torna a Surriento”, “Malafemmena”, “Ciao Ciao Bambina”. L’artista inglese, voce e sax tenore, sarà sul palco di San Giusto con The Giants ovvero Danny Marsden (tromba), Andy Rogers (trombone), Olly Wilby (sax alto e sax tenore), Gunther Kurmayr (pianoforte), Manuel Alvarez (contrabbasso) e Marti Elias (batteria).
Trieste è ormai una tappa fissa dei suoi tour.
«Ho tanti bei ricordi, dall’entusiasmo della gente al cibo. Proprio a maggio ci sono venuto per una breve vacanza. È una delle mie città preferite. Mi colpisce sempre la gente che prende il sole stesa a Barcola, con gli asciugamani vicino alla strada».
Quali sono i brani preferiti in scaletta?
«Forse “Angelina” e alcune cose che ho scritto come “Ding Ding”, “My Last Meatball” e “Pizza You”».
E gli artisti italiani che ama di più?
«Renato Carosone e Fred Buscaglione. Tra gli italo-americani Louis Prima e Frank Sinatra».
Come sceglie i musicisti della band?
«Sono gli stessi da vent’anni, dei fuoriclasse della musica mondiale con grande spirito di intrattenimento».
La cosa più strana che ha visto dal palco?
«Sembrerà davvero bizzarro ma: un tipo nudo che si faceva la doccia tra il pubblico!».
La vostra ricetta?
«Amiamo quel che facciamo e ogni volta che saliamo sul palco cerchiamo di viverla come una nuova esperienza, e poi rinfreschiamo la scaletta per non annoiarci. Il nostro show è divertimento puro, comunicazione, condivisione di canzoni che fanno stare bene la gente».
Ha suonato al matrimonio di Paul McCartney, due volte per la regina Elisabetta, supportato Robbie Williams alla Royal Albert Hall… Cosa le è rimasto di più?
«Certo è favoloso ricevere questi riconoscimenti ed essere apprezzati anche da grandi artisti. Ma i nostri concerti migliori sono per la gente comune. Al Blue Note, Umbria Jazz, al Ronnie Scott’s di Londra… Ogni notte può essere speciale se suoniamo bene e lasciamo il pubblico soddisfatto, liberandolo per un po’ dalle preoccupazioni. L’unica parte difficile del mio lavoro è il viaggio, gli spostamenti cominciano a pesarmi un po’».
La chiamano “The Godfather of Swing”, come si sente nei panni del mentore?
«Sono stato uno dei primi, negli anni Ottanta, a far rivivere l’interesse per il vintage swing. Ne sono orgoglioso e con piacere do consigli ai musicisti più giovani. Dico loro di esercitarsi il più possibile, imparare tutto ciò che possono sulla musica, ascoltare ottimi musicisti e cantanti e fare esperienza di musica dal vivo. Darci dentro e non mollare mai. E anche imparare a gestire le delusioni e i rifiuti: sono una componente del music business. Quando il telefono non squilla per nuovi ingaggi pensi di essere stato dimenticato: capita a tutti gli artisti qualche volta. Grazie a Dio non è uno di quei momenti per noi!».
Cosa vede all’orizzonte?
«Vorrei trovare il tempo per registrare un nuovo disco, ma per adesso vedo solo una marea di concerti. Continuando a migliorare sempre».
Elisa Russo, Il Piccolo 30 Luglio 2023
