Sabato alle 17 il pianista e compositore Remo Anzovino, esponente di punta della musica strumentale contemporanea, presenta da Music Movies in Via Roma 26 il suo nuovo album «Nocturne», registrato tra Tokyo, Londra, Parigi e New York; spiega Anzovino: «Sarà un’occasione per incontrare i fan, firmare le copie e raccontare il disco ascoltando alcuni brani. Un incontro informale in una città meravigliosa che mi suscita grandi emozioni e vorrei riuscire a scoprirne i meandri meno conosciuti, è un luogo di grande ispirazione; ricordo concerti bellissimi, l’ultimo per la Barcolana».
E con la sua Pordenone che rapporto ha?
«Splendido, ricevo amore sconfinato. Il 31 agosto c’erano 5 mila persone nell’area transennata in Piazza XX Settembre e altre mille fuori per ascoltare il mio pianoforte e questo vale più di qualunque parola».
Il suo repertorio ha un forte legame con la nostra regione.
«La traccia nel mio primo disco per Tina Modotti, la suite per il Vajont, “L’alba del Tram” dedicato a Pasolini…».
“Nocturne” è il suo primo lavoro per la Sony.
«È stato un grande riconoscimento. La Sony Classical fa uscire dischi dei grandi compositori di tutti i tempi, io ho tutte le edizioni di Bach suonato da Glenn Gould per esempio e quindi è stata una gratificazione vedere che la mia musica aveva un valore tale da meritare una pubblicazione di grande pregio. Ho mantenuto un ottimo rapporto con la mia etichetta precedente, l’indipendente Egea. Il passaggio alla major sta cominciando a offrire opportunità sui territori stranieri. Ho avuto totale libertà artistica, fiducia e grande rispetto, c’è sintonia».
Nel libretto dell’album c’è un’intervista che racconta i brani.
«Luciano Rebeggiani, direttore della Sony Classical, dopo la firma del contratto venne a trovarmi nel mio studio/ laboratorio musicale in campagna fuori da Pordenone. Registrammo la conversazione per ricavarne delle note, un promemoria ma tempo dopo me la inviò via mail, trascritta, perché la trovava bellissima. Quando le cose sono spontanee funzionano».
Sempre più impegni internazionali con la musica: riesce ancora a conciliarli con l’altra professione, quella di avvocato?
«Lunedì ero al processo che riguarda le vicende della Leimholz che vede parte civile Friulia, difendo uno degli imputati. Ci sono sacrifici e rinunce, ma per me sono due grandi passioni. Sono stato il primo della famiglia a laurearsi, ho avuto un percorso fulminante dal punto di vista forense. La musica è stata la mia prima forma d’indipendenza professionale, quando ancora andavo a scuola, è stata da subito un lavoro. La mia esperienza come penalista mi ha insegnato due cose fondamentali che ho messo in musica: non giudicare mai nessuno ma osservare i fatti e guardare da vicino le debolezze degli altri, che potrebbero essere anche le nostre».
Il concept del disco?
«Un senso di bellezza che c’è in tutto ciò che facciamo fatica a capire e a gestire. La bellezza sta nell’essere nel proprio tempo, nel riuscire a vivere il presente senza la nostalgia di un passato che non si è vissuto. La difficoltà sta nell’interpretare il mondo che è cambiato e che va ad un ritmo sempre più veloce. Ho lavorato sull’essenzialità della scrittura, sulla bellezza del suono perché volevo che chi ascolta possa fare un viaggio dentro di sé e in questo caso il volume delle emozioni diventa dirompente perché è una musica che va a toccare le corde più nascoste che sono in ognuno di noi, dietro alle maschere che dobbiamo indossare ogni giorno per poter sopravvivere».
Elisa Russo, Il Piccolo 3 Novembre 2017