RHAPSODY OF FIRE AL CASTELLO DI SAN GIUSTO IL 29.07.17

Foto Massimo Goina
Foto Massimo Goina

Sabato alle 21.30 i Rhapsody Of Fire, la band di metal sinfonico dal successo planetario, gioca in casa con un concerto ad ingresso gratuito al Castello di San Giusto, nell’ambito del Trieste Summer Rock Festival dell’associazione Musica Libera; in apertura i Fist of Rage.

Sarà il primo concerto con la nuova formazione che vede affiancare il fondatore della band, Alex Staropoli (tastiere) e i già collaudati concittadini Roberto De Micheli (chitarra) e Alessandro Sala (basso) alle new entry Manu Lotter (batteria) da Monaco di Baviera e da Correggio Giacomo Voli alla voce (visto anche in tv a The Voice, nel team di Pelù).

Nel frattempo l’altro fondatore, che nel 2011 è fuoriuscito dalla band originaria, porta avanti un suo progetto col nome Luca Turilli’s Rhapsody e ha anche intrapreso un tour di reunion dei Rhapsody assieme a Fabio Lione e ad altri ex componenti, nessuno degli attuali Rhapsody of Fire. Proprio nel 2011 è entrato in pianta stabile nei Rhapsody of Fire Roberto De Micheli, che racconta: «Ero compagno di banco di Luca Turilli al Galilei, nei primi anni Novanta suonavo con lui e Staropoli nei Thundercross, il primo nucleo dei Rhapsody. Abbiamo fatto il primo concerto nel 1991, proprio a San Giusto. Eravamo diciottenni e mettevamo già tutte le nostre energie nella musica. Sabato a San Giusto festeggeremo una lunga carriera, dopo aver suonato in tutto il mondo è un’emozione tornare nel posto in cui tutto è cominciato, sembra quasi una favola». Strane le vie del destino per cui De Micheli ha intrapreso strade diverse (ha suonato nei Sinestesia), per poi tornare, dopo vent’anni, in un progetto che in qualche modo aveva contribuito ad avviare: «All’epoca ero innamorato dei Genesis, avevo bisogno di ricercare, acquisire una cultura musicale che mi completasse». Per molti anni i Rhapsody, che nel frattempo raccoglievano successi in tutto il mondo e vendevano milioni di dischi, avevano il rammarico di non aver mai suonato nella loro città. Finalmente nel 2014 suonano per la prima volta in Piazza Verdi, e l’anno dopo in apertura degli Scorpions. Ancora De Micheli: «Per creare un evento importante c’è bisogno di una costruzione solida alle spalle, solo in questi anni abbiamo trovato qualcuno con cui poter dialogare per far sì che si offra uno spettacolo degno di quello che deve essere. In Piazza Verdi è stato magico, in una serata estiva che minacciava tempesta ed era pieno di gente fino in Piazza Unità, dopo anni di attesa è stato meraviglioso. E ora la location di San Giusto si adatta perfettamente alla nostra musica». A maggio è uscito “Legendary Years” una raccolta di classici della band registrati con la nuova formazione: «Volevamo festeggiare in qualche modo i vent’anni di storia. Siamo in un periodo molto prolifico e abbiamo parecchio materiale nuovo, per il prossimo album di inediti che uscirà nel 2018». Vista da fuori la vita di un musicista di successo può sembrare la più bella del mondo, episodi tragici come quelli recenti di Chris Cornell e Chester Bennington fanno riflettere: «Ho un grandissimo rispetto per queste persone come il cantante dei Linkin Park. I Rhapsody sono persone positive, la vita è generosa con noi, il nostro percorso ci ha permesso di essere felici e guardarci dentro in modo sano e senza troppi intoppi, a qualcuno questa possibilità non è stata data. Chi fa musica e arte in generale ha un sentire interno che è diverso dal sentire comune. Quando fai qualcosa da dare al pubblico metti completamente a nudo una parte di te. L’artista passa da momenti di solitudine estrema all’amore incondizionato dei fan, che lascia senza fiato, c’è sempre un pendolo di emotività che va da un estremo all’altro. Molto spesso gli artisti sono anime fragili, con alle spalle un vissuto drammatico e movimentato e restare in equilibrio può essere difficile». I Rhapsody of Fire sono motivo d’orgoglio per Trieste ed un esempio positivo per i musicisti locali, che a volte peccano di pigrizia e cadano nella trappola del “no se pol”: «Il musicista triestino è spesso talentuoso ma ha il problema che non riesce (o non vuole) mettersi in una sana competizione, che è quella che ti permette di crescere senza invidiare o odiare qualcosa dell’altro. Se ti confronti solo con quelli del tuo pianerottolo, inevitabilmente, non sai neanche cosa succede al piano di sopra. Il limite del triestino è che, anziché cercare il confronto che lo farebbe crescere, aspetta che qualcosa arrivi o qualcuno venga da lui: “e cossa andarò mi fin là?!” Quello che abbiamo sempre fatto noi è, apparentemente, semplice. Fai la valigia, sali in macchina, in treno, in aereo. E vai».

Elisa Russo, Il Piccolo 26 Luglio 2017

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