RIBALTAVAPORI PAROLE CONTROVENTO 10.02.23

«La prima volta che ho letto questa parola mi ha incuriosito e mi ha fatto sorridere all’istante. È l’espressione dialettale per definire la frittura di pesciolini che rientra tra le tipicità della nostra gastronomia. Amo Trieste e volevo omaggiarla»: è così che Antonio Uras, classe 1989, metà sardo, metà catalano, pordenonese di nascita ma triestino d’adozione, diventa Ribaltavapori. «Questo è il nome – si legge nelle sue note stampa – che si usa da sempre a Trieste per il latterino (Atherina Hepsetus), un pesce di mare dalla mole piccolissima, povero ma amatissimo, di cui non si scarta nulla». Dopo l’ep di esordio “Est-Nord-Est” nel 2020, il cantautore annuncia un nuovo album in arrivo a primavera, anticipato in questi mesi da due singoli. Repertorio che si potrà ascoltare dal vivo venerdì alle 21 da Parole Controvento in Via Vecellio 1/b. A novembre è uscito il brano “Ormai è giovedì” «è una canzone che parla del mio caratteraccio – spiega Ribaltavapori –, della mia pigrizia, parla della fugacità del tempo che pare scivolare via di mano e dell’incapacità umana di farsene una ragione». Hanno collaborato al pezzo dei fuoriclasse della musica triestina: alla produzione artistica c’è infatti Alessandro Giorgiutti (Sesto) mentre al basso c’è Francesco Candura (ex Jennifer Gentle, Stop the Wheel), l’apprezzato cantautore di “Fogo Nero” e “Formigole” Toni Bruna è alla batteria, e il mastering è a cura di Ricky Carioti (storico collaboratore di Elisa). Dopo questo primo tassello che sancisce un nuovo percorso, a gennaio è uscito “Bianca” sempre con la produzione di Sesto e il basso di Candura; questa volta alla batteria c’è Moreno Buttinar (Cream, Dana Gillespie, Georgie Fame, Bob Margolin, Louisiana Red, Boško Petrović, Lucky Peterson, Mike Sponza), con un videoclip diretto da Pietro Bettini con la fotografia di Lainen, girato in città (tra Valmaura, centro, rive, osteria da Roby Scussa…). «“Bianca” – riprende Uras – parla di quel che resta del pranzo di Natale. Di quel senso di smarrimento che lascia la tavola quando rimane vuota. Le macchie della tovaglia rappresentano in senso metaforico tutti i problemi irrisolti di una famiglia che si ritrova durante le feste».

Elisa Russo, Il Piccolo 07 Febbraio 2023 

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