SICK TAMBURO AL TEATRO MIELA IL 12.11.22

«Il modo migliore per mantenere un rapporto con una persona con cui ho condiviso 25 anni è onorarla continuando quello che abbiamo sempre fatto insieme, cioè suonare: i Sick Tamburo sono nati perché Elisabetta li aveva fortemente voluti. Proseguire è la cosa più giusta per omaggiarla». Non deve essere stato facile per Gian Maria Accusani portare avanti i Sick Tamburo dopo la prematura scomparsa nel 2020 di Elisabetta Imelio, sua compagna di band fin dai tempi dei Prozac+. Non ha aiutato la pandemia, che ha massacrato il settore degli spettacoli. I pordenonesi Sick Tamburo, però, sono tornati in tour a pieno ritmo, ed è andata così bene che hanno deciso di prolungare con qualche data autunnale, come quella al Teatro Miela, sabato alle 21.30, prima di fermarsi e dedicarsi al nuovo album in arrivo l’anno prossimo. «Portiamo il tour dell’ultimo disco, il sesto, “Back To The Roots” – racconta Accusani – che conteneva canzoni riarrangiate così come le avrei fatte quando avevo iniziato a suonare la chitarra, con stile punkeggiante melodico. L’avevo pensato come una dedica a Elisabetta quando ancora era qui, ma purtroppo non ha fatto in tempo a sentirlo». 

E poi?

«È arrivato il covid, il disco è rimasto fermo per un anno; nel 2021 ho deciso di farlo uscire anche se eravamo ancora in ballo con la pandemia e le restrizioni, con l’idea che appena fossero ripresi i concerti, avrei fatto un tour “Back To The Roots”. Finalmente è stato possibile».

“Ritorno alle origini”: è nostalgico?

«Al contrario, sono radicato nel presente, gli amarcord mi fanno schifo. La memoria c’è, ma la uso in maniera intelligente. Ovviamente sono fiero di quello che ho fatto, ma trastullarsi sugli allori è una cosa che odio, quando mi parlano di robe vecchie cerco sempre di glissare. Non è il mio stile». 

Il primo singolo è del 2007, i Sick Tamburo festeggiano 15 anni?

«Anche se eravamo in circolazione un po’ prima, mi piace considerare l’inizio ufficiale nel 2009 con l’uscita del debutto discografico, quindi conto tredici anni». 

Chi la accompagna al Miela?

«Siamo in quattro sul palco, più che una formazione è un team di persone che ruotano, personaggi nascosti, in questo tour c’è il batterista fondatore, con me dai tempi dei Prozac». 

Perché indossate i passamontagna?

«Siamo nati con l’idea di celare l’identità, poi è rimasto un vezzo estetico che ci contraddistingue, è la nostra cifra».

Durante la pausa forzata ha proposto uno spettacolo solista, “Da grande faccio il musicista”, com’è andata?

«La mia salvezza, altrimenti sarei stato fermo per due anni. Mi ha aiutato ad accelerare il processo di guarigione dal lutto, sono stato felice di averlo fatto».

Ha avuto dubbi se continuare senza Imelio?

«L’ultimo periodo, quando ho capito cosa sarebbe successo a Elisabetta, sono stato una persona difficile con tutti e dunque con la band, ero in difficoltà estrema ma non lo dicevo a nessuno, tantomeno a lei e avevo messo seriamente in dubbio l’idea di continuare con i Sick Tamburo. A quel punto mi è venuta l’idea di riarrangiare i brani in versione “Back To The Roots” e mi ha portato una ventata di entusiasmo che ho condiviso con Elisabetta, ne era contentissima e ho capito che c’è sempre stata e continuerà a esserci. È ancora con me sul palco».

Il 18 dicembre ci sarà “Parlami per sempre” al Capitol di Pordenone, di cosa si tratta?

«La festa dei Sick Tamburo con diversi ospiti della scena musicale italiana, in ricordo di Elisabetta, nella maniera più discreta e delicata possibile».

Elisa Russo, Il Piccolo 11 Novembre 2022  

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