Dopo 13 anni di vuoto nella scena italiana, e dopo una data zero, sabato 6 giugno, Stefano Edda Rampoldi ha tenuto il primo live ufficiale, al Mi Ami di Milano.
Un grande ritorno.
Un trionfo.
Che riempie il cuore di chi ci ha sempre creduto.
Forse anche di chi non ci credeva.
Senza togliere a nessuno, Edda è stato il Re del Mi Ami.
E dovrebbe essere incoronato come re della musica italiana.
Altro che Paese Reale.
Siamo su un altro pianeta, che trascende la sfera musicale. Scomodiamo pure la parola poesia.
Che in giro ce n’è sempre meno.
Un raro momento di verità allo stato puro.
In your face.
Quando arriva al Mi Ami, non si capisce se Stefano abbia voglia di abbracciare tutti o di scapparsene via. Probabilmente un misto delle due. “Cazzo mi sembra di stare ad un matrimonio”, dice. I Ritmo Tribale quasi al completo che lo abbracciano e salutano è uno spettacolo e una gioia per i vecchi fans. Vinicio Capossela che gli fa i complimenti, si intrattiene a lungo con lui e lo applaudirà con entusiasmo durante tutto il live, ci dà un chiaro segnale sul futuro, su quanto piacerà il disco in uscita.
Foto di Andrea Piccolini
Quando Stefano sale sul palco, assieme ad Andrea Rabuffetti, si sente subito il calore del pubblico. Un boato di persone, tra cui molte che hanno sperato di assistere a qualcosa del genere per 13 lunghi anni. Mi sento catapultata in una sfera emozionale sepolta dai tempi dei Ritmo. Nonostante questi anni, in cui ho visto centinaia di concerti. Che mi hanno emozionata a diversi livelli, ovviamente, senza toccare però quelle corde. Che quasi avevo dimenticato di avere. Una voce che arriva dove nient’altro arriva. Inspiegabile.
(Che la vita es muy dolorosa, ma anche da ridere).
Foto di Andrea Piccolini
“Volevo dire qualcosa ma è meglio se sto zitto, va…”
Stefano riesce a dosare i suoi interventi in maniera perfetta, senza strabordare mai. C’è la tensione, l’acustica non impeccabile, quel che vuoi… eppure il concerto ingrana al primo secondo e tiene botta fino al finale, senza un calo di tensione.
Penso sia stato considerato unanimemente qualcosa di sublime e speciale. Un sacco di gente assorta. Che ascolta con attenzione, che ride sulle solite storpiature dei testi, che applaude, che lo acclama, che sta in religioso silenzio nei momenti giusti. 13 anni anche brevi, a giudicare da come Stefano sa tenere il palco, nonostante l’inevitabile emozione. Sembra nato apposta. I pezzi continuano a cambiare. U-tube, il disco, il live: mutazioni continue. Mi stupisco di quante cose riesca a fare, con la voce. E di come giochi con le parole, scegliendo sempre quelle giuste. Non so se per genialità pura o perché non ricorda i testi, fattosta che a volte mi sembra faccia una specie di free style, come nel rap, buttando fuori quel che gli viene. “Vivo sempre da sola dentro una stanza prima o poi forse qualcuno mi cercherà” diventa “Vivo sempre da sola dentro una stalla prima o poi forse qualcuno mi mungerà”. Per fare un esempio. Poi ci sono i nomi delle persone, che io pensavo fossero inventati, e invece esistono tutti: Gattel, Paola Meda, Anna Meda, Saibene… Cioè ci sta veramente raccontando di lui, fatto non così scontato. Non c’è personaggio. Non c’è confine tra uomo e artista. È lui, ed è unico. Darsi così in pasto è terapeutico da un lato, dilaniante da un altro, credo. Sicuramente coraggioso, giusto e lodevole. Semper biot, sempre nudo. Appunto.
Foto di Andrea Piccolini
Perfino la cover di Giusy Ferreri “Stai fermo lì” ha senso, visto che comincia con “E mi dici che lo prendo nel culo”. (Forse il testo è un po’adattato, sì). “Io e te”, “A Milano”, “Snigdelina”, “L’innamorato”, “Organza”, “Argentina/ Per semper biot”, “Anale”, “Amare te”: i brani del disco funzionano alla grande anche in versione scarna. Su “Organza” si ferma, a rimarcare “Sono sempre un bel ragazzo”, frase che ripeteva un personaggio di un cartoon, e sorride e tutti applaudono. “Prova a metterti nei panni miei che sono Stefano l’incoronato/ indemoniato/ innamorato”: “L’innamorato” viene particolarmente bene, Stefano canta in una maniera che non avevo mai sentito. È vasto, e continua ad ampliarsi, a stupire. Si espande come l’Universo, e mi chiedo se ci sia posto, qui, per così tanta roba. Mi chiedo se ce la meritiamo, anche.
E poi, per un tacito accordo, il pubblico li aspetta. I pezzi dei Ritmo. “Invisibile” e “Amara”. La sera prima Stefano dice “Mah, non so se faccio anche Uomini”. Ma è la folla a decidere. E accade quello che non avremmo mai pensato: risentire una delle più belle canzoni italiane del secolo, direttamente dalla voce unica del suo autore. Con il pubblico che ci canta sopra, tangibilmente commosso. Il concerto finisce che è troppo presto, perché ne vorresti ancora. A volte tutto si chiude in un cerchio perfetto. A volte. L’armonia esiste. Anche se è breve.
Foto di Andrea Piccolini
«Semper Biot», che uscirà l’11 settembre 2009 su Niegazowana, non è un disco. È un miracolo. Un capolavoro. Una sberla. Non può lasciare indifferenti.
Quando l’ho ascoltato, ho provato quasi imbarazzo. Come se scandagliassi l’anima di qualcun altro senza averne il diritto. Poi, ci entri dentro e diventa un pezzetto della tua anima. E te lo puoi elaborare e adattare. Riempie vuoti e crea altre voragini. Ci trovo dentro tante cose di cui ho bisogno. Compreso il bisogno impellente di farmi maltrattare emozionalmente dalla musica.
C’è la vita, la morte, l’oscurità, la luce, la ricerca, l’amore, tanto amore dentro. La bellezza e la schifezza di ciò che ci gira dentro.
Stefano Edda Rampoldi è l’unico mito che mi è rimasto, col passare degli anni. Quindi ho custodito gelosamente l’icona, nella sfera mitica in cui deve restare, il più a lungo possibile. Avevo paura che l’uomo uccidesse il mito. Invece, visto da vicino, il mito si è umanizzato ma non scalfito. Stefano è un po’ – molto – come lo immaginavo. Molto carino ed intenso, nei suoi alti e bassi. Capace di passare da un estremo all’altro, senza che la cosa strida. È una persona bella e complicata. Dotato di una sensibilità mastodontica. Che è un crimine non tradurre in musica. Intelligentissimo, a volte fa il pirla per non pagare il dazio e – come accade agli intelligenti, che hanno proprio tutte le sfighe del cosmo – poi lo paga doppio. Se le cose accadono per un motivo, l’incontro artistico tra Stefano e Walter Somà (co/autore di testi e musiche) è benedetto da dio o maledetto dal demonio, fate un po’ voi che per me è uguale. L’importante è restare nella sfera del magico-soprannaturale-psichedelico.
Che Stefano fosse un genio, dotato di talento non terrestre, già lo sapevo. È stato spiazzante scoprire Walter, autore di canzoni e saggezza a fiumi, oscuro e luminoso. Partorisce una moltitudine di canzoni che non si sa da dove gli vengano. Canzoni che hanno il mondo dentro. Un grande autore al lavoro con la voce più bella che ci sia in circolazione. Un incontro miracoloso tra i due, appunto. “Come sempre tra la tragedia e il miracolo”, per citare lo stesso Walter. “Scrivere le canzoni con Walter non è stato facile – dice Stefano- è stato un parto. Ogni volta è come fare un figlio”. Mi auguro possa fare altri figli con Stefano, o con altre voci belle in circolazione. Sarebbe un peccato che le sue canzoni non girassero.
Nel live, accanto a Stefano, c’è Andrea Rabuffetti, che ha suonato un po’ di tutto (anche nel disco) e che ha avuto un ruolo fondamentale nella realizzazione dei video u-tube che hanno riportato Edda ai nostri riconoscenti occhi. Andrea e Stefano mi hanno regalato dei concertini via skype davvero memorabili. Stefano: «Eli, dimmi una canzone dei Ritmo Tribale, ti canto quella che vuoi». Io: «Domina!» S. «Cazzo ma è difficile, non me la ricordo, dimmene un’altra». Io: «Mother!» S. «Eh ma cazzo tutte le più difficili vai a scegliere. Lo fai apposta. Un’altra dài…».
Parlando del progetto, molti mesi fa, Stefano scrisse: “Stiamo cercando di essere tutti un po’felici”. Spero che riescano ad esserlo davvero. Un po’. Tutti. Che ciascuno abbia il riconoscimento che merita. E spero che la gente non sia così avida da succhiare sangue e poesia senza dare niente in cambio. Tutto ha un prezzo. Di base ho visto molto calore, affetto e delicatezza, da parte dei fans: per citarne una su tutti la splendida Chiara-Chloe che ho avuto il piacere di incontrare al Mi Ami, e che ringrazio molto. Poi Simone, Stefano, Klaus Bonoldi, Fabio Vergani, Alex Marcheschi e tutti i Ritmo, tutta la crew di Edda (Fabio, Massimo, Andrea di Niegazowana, Paola e Viviana, e tutti quelli che lo hanno supportato fin qui). Ho visto tanto interesse, e un 99% di commenti ultra positivi. Un appunto, però. Quando leggo le prime recensioni o commenti in rete che sviscerano fatti personali anziché soffermarsi su una delle poche manifestazioni di arte pura di cui abbiamo la fortuna di fruire, provo una forte indignazione e disagio. Per fortuna sono una minoranza, ma vorrei davvero che la gente imparasse ad avere rispetto per le storie umane, che non sono mai facili e che da lontano non si possono capire (e a volte neanche da vicino, e io non ho la pretesa dicapire, mi limito ad accettare e tacere quando è il caso). Concentriamoci sulla musica, e sulle cose belle. Siamo dei privilegiati, non dimentichiamolo mai. Soprattutto gli addetti ai lavori: siamo dei privilegiati, lasciamo la supponenza a fanculandia. Che mentre noi stiamo a pontificare su questo e quello, il miglior cantante italiano si sveglia alle 5 del mattino per andare a lavorare sui ponteggi, e ce lo dice anche in una canzone: “Io faccio dei ponteggi/ non mi piacciano le leggi di Milano”. Non lo vendono alla Fnac, ma un po’di rispetto da qualche parte, sepolto tra una recensione di un disco d’avanguardia, l’aperitivo e il cinema d’essai, lo dovreste trovare.
Ok, fine del sermone. Per quanto mi riguarda, sui miei canali (u-tube, myspace, blog, facebook) cancello all’istante qualsiasi commento mi suoni sgradevole. L’ho fatto pochi secondi fa. Se venite a casa mia (sulle mie pagine), portate amore, che di rogne ne ho già abbastanza. Se portate merda, capitemi, non la accetto. Mi piacciono ancora le cose dolci della vita, grazieaddio. Amen. That’s it.
(E ora ho bisogno davvero di portare la mente altrove ché l’estate triestina mi si spiana davanti generosa, e qui siamo tutti degli edonisti rammolliti, per via del mare).
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