Steve Hackett, mostro sacro del progressive rock mondiale, chitarrista, cantante e compositore conosciuto e amato in tutto il mondo sia per il suo lavoro con i Genesis, con cui ha inciso otto album dal 1971 al 1977, sia per la sua brillante carriera solista, torna in regione, questa volta con il tour mondiale “Genesis Revisited World Tour – Foxtrot at Fifty + Hackett Highlights”, che celebra soprattutto i cinquant’anni dell’album “Foxtrot”. La data del 13 luglio a Palmanova, in Piazza Grande alle 21.30, inclusa nella rassegna Estate di Stelle, sarà l’unica tappa nel Nord Est. L’artista britannico è accompagnato da musicisti d’eccezione: alle tastiere Roger King(Gary Moore, The Mute Gods); alla batteria, percussioni e voce Craig Blundell (Steven Wilson); al sax, flauto e percussioni Rob Townsend (Bill Bruford); al basso e chitarra Jonas Reingold (The Flower Kings); alla voce Nad Sylvan (Agents of Mercy).
«È sempre una gioia tornare in Italia – commenta Hackett – paese spettacolare con ottimo cibo, persone splendide e calorose, fan in grado di apprezzare la musica in maniera profonda».
A questo punto conosce bene anche il Friuli Venezia Giulia?
«Certo. Adoro la zona di Palmanova, la vista dei monti; la bellissima Trieste con il suo mare. È stato fantastico suonare nell’atmosfera magica del castello di Udine. Anche Pordenone è un posto speciale, con la sua architettura e i vecchi palazzi in cui ho respirato profumo di storia».
Lo spettacolo sarà diverso?
«Sì, questa volta torniamo con il tour dei cinquant’anni di “Foxtrot”, a grande richiesta e visto che era stato numero uno nella classifica italiana so che è particolarmente apprezzato ancora oggi in Italia».
“Foxtrot” appunto nel 1972 era in testa alla classifica italiana. È stato definito “album perfetto”, “pietra miliare”. All’epoca poteva immaginare che sarebbe durato nel tempo?
«Non potevo saperlo, ma è strepitoso che sia rimasto così popolare. Ne sono orgoglioso. Gli italiani hanno sempre dimostrato un grande apprezzamento della musica dei Genesis, penso che in parte derivi dalla loro grande cultura e tradizione della musica classica».
Cosa rende “Foxtrot” così iconico?
«L’ampiezza dell’immaginazione illustrata nella scrittura dell’album intero. Credo che non ci sia nemmeno una traccia debole nell’album, hanno tutte i loro punti di forza».
Che direbbe al sé degli esordi?
«Di accettare tutte le sfide, esercitarmi duramente con lo strumento, ascoltare tutti ma restare fedele a me stesso».
Con gli anni il ruolo della musica nella vita cambia?
«Per me è diventata sinonimo di armonia e guarigione. E rimane importante come lo è sempre stata».
La musica online, i social e i tempi moderni hanno tolto magia?
«Oggi hai l’accesso immediato a un pubblico più vasto ma temo sia diventato più difficile lasciare un segno. C’è un eccesso di musica istantanea ed è complicato filtrare la musica di qualità. La tecnologia rischia di rimpiazzare l’arte, l’artigianato».
Cosa prova quando suona?
«Rabbia, dolcezza, amore, nostalgia: tutto quello che mi evoca ogni singola nota. Vivo il momento, dipingo un quadro e racconto una storia».
Prossime uscite?
«Il live “Foxtrot at Fifty”. E un nuovo album nel 2024».
Elisa Russo, Il Piccolo e Messaggero Veneto 15 Luglio 2023

