Sono le 22.20 quando parte un video documentario sul frontman degli Aerosmith e poi una scritta luminosa si accende sul megaschermo “Steven Tyler with Loving Mary”: si sono fatti attendere un bel po’ dopo che le Sisterhood Band hanno concluso il loro set alle 21.30. Per quelli che hanno sollevato perplessità sull’età delle superstar dei concertoni in Piazza Unità togliamo subito ogni dubbio: Tyler a settant’anni è un animale da palcoscenico, la personificazione del rock’n’roll, con le sue mossette, le ciocche colorate e i vestiti glam.
Ma soprattutto, una voce che già da sola basterebbe e con cui è riuscito ad ammaliare il pubblico, nonostante i posti a sedere inibiscano un po’ (ma i 4 mila presenti si alzano subito per salirci sopra e si avvicinano a Steven che urla “Trieste”). Senza troppi fronzoli, il concerto si apre rompendo il ghiaccio con due classici degli Aerosmith «Sweet Emotion» del 1975 e la ballatona «Cryin’» del 1989. Pezzi a cui la formazione di Nashville che lo accompagna in questo tour dà un nuovo vestito blues e country. In scaletta ci sono diverse cover: “ciao bella, amore” dopo aver sfoggiato il suo italiano parte con un medley dei Beatles «I’m Down/ Oh! Darling/ Come Together»: la piazza è sua e la può condurre dove vuole, in un viaggio che da qui in poi include altri rifacimenti come la «Piece of My Heart» di Erma Franklin (portata al successo da Janis Joplin), «Train Kept A-Rollin’» di Tiny Bradshaw, altri pezzi degli Aerosmith – «Jaded», «Livin’ on the Edge», «Dream On», brani dal suo album solista del 2016 come la titletrack «We’re All Somebody From Somwhere» e «My Own Worst Enemy». «Walk This Way», cavallo di battaglia degli Aerosmith, arriva nei bis che includono un finale da brivido con «Whole Lotta Love» dei Led Zeppelin.
Elisa Russo, Il Piccolo 19 Luglio 2017