Forse la vera arte deve andare contro ogni logica. Di marketing, di pianificazione, di presenza sui social. «Tanto tempo senza dir gnente. No iera gnente de dir»: ricompare con una newsletter Toni Bruna, fautore di uno dei dischi più belli mai usciti da Trieste, “Formigole” del 2011 – 2013 per Niegazowana (fresco di ristampa, di nuovo disponibile a Trieste nelle librerie da Minerva, Lovat, Dedalus). Può sembrare lungo il silenzio discografico del cantautore triestino, ma se a spezzare la pausa è un lavoro come quello che accompagna il nuovo brano “Fogo Nero” – un vero e proprio cortometraggio (“filmin”), di 11 minuti di rara intensità e poesia – il concetto stesso di tempo non ha peso. Pubblicato online, non a caso, nel giorno del solstizio d’inverno. Perché tutto ha significato, ogni dettaglio è un simbolo in “Fogo Nero”. In un bianco e nero che non ha nulla da invidiare a un “Dead Man” di Jim Jarmusch, dove la terra brulla americana è sostituita da quella aspra carsica, e il poeta capellone Johnny Depp/William Blake parla in dialetto triestino. Girato in Ciceria e sul Carso da Massimo Mucchiut, «Il soggetto l’ho scritto io – spiega Toni Bruna –, regia e fotografia sono di Massimo, regista che ha questo raro talento di saper raccontare delle storie con la macchina da presa. È onesto e disposto a buttarsi nel fuoco per la sua arte. Non ce ne sono tanti di artisti così ed è un onore e un piacere poterci lavorare assieme; tanti ci hanno dato una mano e sarebbe lungo citarli tutti; Rajko Pertot e Dino Perco hanno due ruoli importanti nel film».
Un vero e proprio viaggio questo video…
«Per me era abbastanza chiaro che sarebbe dovuto uscire in inverno, quando il sole è basso e le ombre sono lunghe. Così facendo però, se perdi l’appuntamento col solstizio ti tocca aspettare l’anno successivo. Dal momento delle riprese fino ad adesso son passati quasi tre anni. In più c’è tutta la parte preparatoria, bisognava farsi crescere i capelli…».
È un ritorno sulle scene?
«Sembra di sì, finché dura. Ho ricominciato a fare concerti in maggio di quest’anno, in maniera molto spontanea e vorrei continuare così, senza grandi strategie. Son tornato a suonare nei posti in cui ero già passato anni fa e dove, al di là della musica, abbiamo creato dei legami con le persone. È bello vedere che a distanza di tanto tempo, le relazioni che si sono costruite in maniera onesta resistano al passaggio del tempo e anzi, quasi si fortifichino».
Il corto e la canzone “Fogo Nero” sono nati assieme?
«Lavorando a questi brani ho dovuto rendermi conto, mio malgrado, che le canzoni vivono ed hanno volontà propria. La creazione non è un atto volontario, il lavoro dell’autore è forse quello di accompagnare, al caso aiutare le canzoni a trovare la propria strada. Il brano “Fogo Nero” è apparso prima dell’idea del film e poi in qualche modo, il brano e il film, si sono scelti».
Di cosa parla questo “filmin”?
«Ho voluto usare una struttura classica, quella del “viaggio dell’eroe”. Volevo che il racconto fosse una specie di guscio vuoto all’interno del quale trovassero spazio diverse narrazioni e interpretazioni. Il centro del racconto non è il racconto in sé ma i simboli e gli archetipi che vi sono contenuti, che raccontano a diversi livelli, storie diverse».
Ci sono alcune scene molto potenti.
«Il film voleva essere una metafora della nostra esperienza come esseri umani sulla terra, la metafora del cammino verso una maggior coscienza di sé e del mondo. Girare certe scene è stato un atto magico molto potente, non l’avevo previsto, me ne sono accorto mentre lo stavamo facendo. Eravamo soli io e Massimo in mezzo al nulla o in paesi abbandonati, spesso di notte, d’inverno. Ci sono stati momenti davvero intensi».
E non potevano mancare le formigole…
«Massimo ha voluto invitarle a partecipare, credo sia stata una cosa giusta».
Cos’è el “Fogo Nero”?
«Dovrebbe essere anche il titolo del disco al quale sto lavorando e che forse prima o poi finirò. È quel fuoco interiore che tormenta e mi porta a scrivere canzoni, che alle volte è una condanna ma di cui non posso fare a meno. Mia nonna Eta lo spiegava bene, mi diceva: “te ieri sempre delicato ti, fin de picio”».
Nelle sue canzoni la natura, il cambio delle stagioni, sono temi ricorrenti…
«Per il motivo che spiegava bene mia nonna un po’ più in su, il mutare delle stagioni mi commuove profondamente ogni volta e più invecchio e più si accentua. Questo posto in cui viviamo è davvero meraviglioso, il pianeta intendo. Da quando son tornato a vivere in campagna mi accorgo che c’è questo spettacolo pazzesco che continua con o senza di noi, basta solo fermarsi ad osservarlo. È una fonte inesauribile di meraviglia per me».
Alcune nuove canzoni le abbiamo sentite dal vivo, per esempio quest’estate al Revoltella. Cosa può anticiparci di questo secondo album?
«Sto cercando di fare un disco essenziale, di lasciare solo il minimo indispensabile, ci provo».
Elisa Russo, Il Piccolo 24 Dicembre 2019