«Sono un tipo semplice – dice Tim Vantol –. Non sono né il miglior musicista né il miglior cantautore sulla faccia della terra. Ci sono milioni di persone al mondo che possono suonare la chitarra e controllare la voce meglio di me. Ma è come con la pittura astratta: trovi sempre qualcuno che dice “questo avrei potuto dipingerlo io”. Certo. Però non l’hai fatto»: questa dichiarazione riassume bene l’attitudine dell’artista nato a Amsterdam, in concerto con il suo folk punk acustico giovedì al Loft. La serata a ingresso gratuito, organizzata in collaborazione con Satisfaction rock’n’roll nite (collettivo cittadino di dj rock) e l’Accademia della Cruska (in onda su Radio Fragola), comincia alle 21.30 con la band punk rock triestina Sneaky Toy, seguiti dallo svizzero Luke Hilly con un set blues folk.
Armato di chitarra acustica e voce graffiante dal particolare timbro roco, con un rock folk battagliero per amanti di The Gaslight Anthem, Flogging Molly, Chuck Ragan, Frank Turner ma anche Mumford&Sons, Vantol è in tour per promuovere il suo nuovo album “Live” uscito il 3 maggio: «È una tournée di compleanno – dice – si chiama “10 years and still not done!” perché festeggio 10 anni di concerti, ed è partita dalla Germania e dalla Svizzera alla grande, con locali strapieni e facce sorridenti tra il pubblico. Con me in apertura c’è il mio caro amico Luke Hilly: non potevo chiedere di più. L’ho conosciuto dieci anni fa, fu uno dei primi a contattarmi perché gli piaceva la mia musica, all’epoca aveva un bar a Ginevra e un’etichetta discografica che si chiamava Tiki’s Records: ha voluto poi cambiarle nome, prendendo il titolo del mio primo album “Road Sweet Road” che lui stesso mi aiutò a far uscire. Ora siamo in Italia e poi proseguiremo con il resto d’Europa». «Registrare un disco in studio è divertente – prosegue, parlando del nuovo cd che contiene 17 tracce live – ma registrarne uno dal vivo (senza sapere, mentre accadeva, che sarebbe diventato effettivamente un album) è quanto di più realistico ci possa essere in campo musicale».
«Nel 2014 – conclude – ero finito a suonare in questa città italiana che non conoscevo, Trieste (al Cafè Rossetti, con l’organizzazione di Trieste is Rock e l’opening dei triestini My Space Invaders ndr) e quella serata mi era rimasta proprio impressa nella mente, uno show bellissimo, gente simpatica, davvero una sorpresa. Da allora ho desiderato fortemente tornare nella vostra città e sono soddisfatto di esserci finalmente riuscito».
Elisa Russo, Il Piccolo 7 Maggio 2019