TONI BRUNA “FOGO NERO” il secondo album

«Queste canzoni le ho cercate per anni, invano. Mi hanno accompagnato per tutto questo tempo, ma da lontano. Poi un giorno si sono avvicinate, si sono fatte vedere, tutte intere finalmente. Hanno una volontà propria, loro vanno dove vogliono andare, io posso tutt’al più aiutarle e accompagnarle». È un piccolo miracolo “Fogo Nero”, il secondo album di Toni Bruna, che arriva a dieci anni dal fortunato esordio “Formigole”. Il cantautore triestino, che con il suo debutto aveva dimostrato come si potesse unire il dialetto alla musica e risultare credibile anche al di fuori dei confini cittadini, questa volta inanella 14 perle (tre strumentali), scarne (voce, chitarra e poco altro), divise in due blocchi tematici: uno più legato alla campagna, alla natura, alle stagioni con episodi splendidi come “Ombre Cinesi”, “Eta”, “Fogo Nero”, “Xe giorni”, “Coi corvi” e uno più urbano, con riferimenti a Servola e la Ferriera in “Via dei Giardini”, l’adolescenza nei rioni di “Libera tuti”, le strade vuote di “Un posto” o le case dei puffi in “Pele e ossi”, includendo anche due dei pezzi più belli del suo repertorio live, “Iazo” e “Elvino”, con illustrazioni di Gabriele Demarin e progetto grafico di Jan Sedmak.

Senza voler essere blasfemi, “Fogo Nero” ha davvero il sapore del sacro, dell’ultraterreno, tanto che Toni Bruna ne parla come di qualcosa staccato da lui: «Xe un disco duro, de piera freda, ghe xe dentro tuti, i vivi e i morti, xe un disco suto, de inverno sul Carso, de caminar soli pel bosco per po rivar in un’osmica e rivai là, bever vin che macia i biceri. Xe canzoni spoiade, al più in zavate e co una flaida de gnente, xe canzoni che no vol far contento nissun, le sta là per conto suo e se le te piasi te le scolti e se no: quela xe la porta. Va oltre la mia volontà, anzi la volontà qua no centra proprio gnente». Non può che spiegarle in dialetto, queste tracce dal sapore invernale, che per questo escono martedì, il 21 dicembre, giorno del solstizio d’inverno, quando il sole è basso e le ombre sono lunghe. Nello stesso giorno, due anni fa, era stato pubblicato il videoclip del brano che dà il titolo al disco, “Fogo Nero”, un vero e proprio cortometraggio girato in Ciceria e sul Carso da Massimo Mucchiut (avrebbe dovuto precedere di poco l’album, ma i tempi si sono dilatati ulteriormente). «Il disco che mi ero immaginato – continua Toni Bruna –, sarebbe dovuto essere ben diverso da quello che è. Avrei voluto che si sentisse il silenzio del Carso di notte, in inverno. Per varie notti sono andato nel bosco con microfoni e registratore, ma il silenzio non si può registrare a quanto pare. Volevo che questo silenzio permeasse anche il piccolo film che abbiamo fatto con Mucchiut, è stato proprio lui a mettermi davanti alla cruda realtà, mentre ascoltavamo le registrazioni fatte nel bosco mi ha detto: “ma qua non si sente niente!”. È difficile far suonare il silenzio ma quando ci sei dentro, ti rendi conto che è materia, avvolge tutto, è un’intera orchestra che suona». Ha cercato per anni il giusto vestito per questi brani, provando tante versioni, con diversi strumenti, virando anche all’elettronica; ad un certo punto si era trovato negli Usa convinto di poter registrare lì, ma niente. Finché, seduto su una sedia, le ha suonate e cantate una di fila all’altra, in presa diretta, in tre giorni, mentre Alessandro Giorgiutti (AbbaZabba/ Sesto) registrava. «Forse queste canzoni – conclude Toni Bruna – vengono a raccontarci di un mondo in trasformazione. Sono morti i miei vecchi e con loro una cultura che non si può imparare dai libri. Se ne sono andati lasciando un vuoto e quel vuoto si riempie di nulla. In questo paesaggio apocalittico, fatto di periferie, di case popolari, di centri commerciali, ci muoviamo persi inseguendo falsi idoli. Il così detto sviluppo tecnologico va talmente veloce che non riusciamo a tenerne il passo, non è umanamente possibile riuscire a starci dietro, se restiamo dentro a questo sistema ne siamo inevitabilmente schiavi».

 

Elisa Russo, Il Piccolo 20 Dicembre 2021

 

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