«Il riscatto dalla noia, dall’alienazione e frustrazione della realtà quotidiana, un fuoco nel quale bruciano questi demoni, sublimandoli in un viaggio di rock più psichiatrico che psichedelico, un viaggio scomodo, sulla sottile linea che separa follia da normalità, fra allucinazioni e visioni, amici e nemici, amore e odio»: si chiama “Hearth”, quasi un gioco di parole tra earth (terra) e heart (cuore) «perché in un periodo di distruzione e mancanza di valori ci sembravano due temi importanti» ed è il secondo album per i triestini Tso, in uscita venerdì. Lo presentano la sera stessa, alle 21, al Loft; sul palco Andrea Abbrescia alla voce e chitarra (Blackoutt e altri…), il fratello Marco al basso (ex Sloth Machine, Blackoutt, Toni Bruna…) e alla batteria Sebastiano Belli (Concrete Jellÿ). Un power trio che si ispira al noise rock degli anni ‘90 e al prog più scuro degli anni ‘70, navigando tra alternative rock, grunge, sludge, rock blues con riferimenti come Alice in Chains, Queens of The Stone Age, Neurosis, i Tso hanno pubblicato il debutto discografico «In-sanity» (Irma Records) nel 2016, ne sono seguiti live, spesso all’estero – a fine aprile li aspetta un tour che toccherà, tra le altre città, Berlino, Lipsia, Vienna, Lubiana, Parma: «Siamo reduci da un bel giro tra la Repubblica Ceca e l’Ungheria – racconta il cantante – macinando 4 mila chilometri in 5 giorni… ma suonare dal vivo è la parte che ci piace di più». “Hearth” è stato registrato nello studio di Andrea Rigonat, “Il Motore dell’Auto” a Fiumicello ed esce per l’etichetta Edisonbox, in vinile, cd, digitale e free download. «È costruito su riff pesanti – dicono i Tso –, tempi dispari, ricerca melodica, destrutturazione e sperimentazione. Le canzoni sono state scritte e registrate assieme a Federico Seraffini, amico di vecchia data, polistrumentista che nell’ultimo periodo è stato chitarrista nei live, e anche al violino e buzuki nei set acustici, ci siamo trovati a suonare e improvvisare, a volte in mezzo al bosco, lui è più folk e noi più rock quindi ci siamo messi a riarrangiare e rivedere i suoi pezzi con il nostro sound e ne è uscito qualcosa di nuovo. Ci sono brani più “tradizionali”, sullo stampo di scrittura alla Nirvana, altri più sperimentali, alla Soundgarden, con stesure un po’ più lunghe, elaborate».
Spesso Abbrescia viene interrogato sul significato del nome, forte, che ha scelto per la band «È un tso (trattamento sanitario obbligatorio) – spiega – che, simbolicamente, facciamo noi alla società. Ci chiediamo: chi sono i veri matti? Quelli che impazziscono e mollano tutto o quelli che disintegrano sé stessi e gli altri per rincorrere uno status, un improbabile successo? Tematica ricorrente nelle nostre canzoni è l’uomo che si affanna per evolversi e ottenere delle cose nel modo sbagliato, distruggendo, creando catastrofi e malessere. Claudio Misculin con L’Accademia della Follia era il più lucido di tutti, per me il vero folle è quello che fa del male, chi ha il potere».
Elisa Russo, Il Piccolo 21 Febbraio 2020