Come si fa a recensire un concerto di Vinicio Capossela (eppoi in diretta, con chiusura del pezzo alle 22.30 com’è capitato a me domenica…)

C’è talmente tanta roba dentro.

Credo sia il più grande performer in Italia in questo momento.

Larger than life, come recita la sua biografia.

Questo spettacolo nuovo è diviso in due: una prima parte buia e raccolta, con i pezzi dell’ultimo album. E poi, nella seconda un’esplosione totale di freak show.

Circo Barnum, freaks, the Human pignata, coriandoli, cappelli a cilindro e copricapo vari, costumi, gabbie, tatuaggi, TADA, giochi di prestigio, strumenti assurdi, stramberie, luna park, saloon da far west… ci vorrebbero ore per descrivere tutto quel che accade.

Poi lui è molto comunicativo, e Trieste la conosce davvero bene.

Ci ha suonato tantissime volte, nelle situazioni più disparate. Io lo ricordo in una piccola piazza di Cittavecchia che leggeva Fante, davanti a qualche decina di persone. O al Miela con la Kocani Orkestar. Infatti cita: San Giusto, La Scala Dei Giganti, il lungomare di Barcola, la Lanterna, il Pupkin, il Round Midnight di Via Ginnastica ai tempi di Marcello, Sandro Mizzi… una serie di riferimenti geografici e linguistici tipo “impetessarse” seppelliti sicuramente in lontane serate alcoliche. E poi i ricordi della Jugo, dove trovavi tutti gli oggetti che ormai non esistevano più altrove. A sorpresa, nei bis compare addirittura Paolo Rumiz, dentro alla gabbia. Un omaggio all’Oriente. E tantissimo altro.

Vinicio Capossela ha regalato tre ore di magia e uno spettacolo denso e coinvolgente, domenica sera al Politeama Rossetti di Trieste.

Sul palco l’eccentrico cantautore, milanese d’adozione, è accompagnato da molti artisti e dagli «strumenti inconsistenti» che hanno contribuito alla realizzazione del suo ultimo disco «Da Solo», tra questi troneggia la riproduzione di un Mighty Wurlitzer, il “theater organ” indispensabile accompagnamento di ogni impresa fantastica.

Il risultato è un concerto – spettacolo ispirato, nella scenografia e nell’immaginario, non al mondo del circo ma al «side show», ossia a quella tenda che, ai tempi del Barnum, gli veniva messa di fianco. Il «side show», baraccone di fenomeni, con i freaks e gli animali dimenticati da Noè: «la mucca a cinque zampe», «il maiale a due teste», «la capra unicorno»: esseri da mettere in mostra, che altra abilità non avevano. E così anche il «Solo Show» è uno spettacolo a due teste, divise da un intermezzo da saloon a tinte burlesque: 15 minuti di illusione, damedicine show con pozione magica in vendita.

Protagonisti oltre a Vinicio Capossela (pianoforti, chitarre, Mighty Wurlitzer, farfisa, voci), anche Christopher Wonder (il mago de Human Pignata), Jessica Love  The Elastic Lady (mangiafuoco, bersaglio del lanciatore di coltelli) e i musicisti Glauco Zuppiroli (contrabbasso e ukulele), Zeno De Rossi (batteria e grancassa da banda), Vincenzo Vasi (theremin, vibrafono, marimba, glockenspiel, campionatori e piani giocattolo), Mauro Ottolini (susafono, trombone, bombardino e giocattoli), Achille Succi (saxofono, clarinette e clarinetto basso, giocattoli), Alessandro «Asso» Stefana (chitarra, banjo, elettronica, autoharp, slide guitar, violinharp). Lo spettacolo inizia tra la gente, con il mago Christopher Wonder con megafono e coriandoliche apre la valigia e fornisce a Jessica Love – The Elastic Lady, il materiale per stupire il primo pubblico esterno. Giganti, mangiafuoco ed intrattenimento in puro stile Barnum (il circo di fine 800), luna park e saloon da Far West.

Sul palco, troneggia l’insegna luminosa ed ipnotizzante «Da Solo Show», e i disegni del fumettista Davide Toffolo (Tre Allegri Ragazzi Morti). Dell’incontro e della collaborazione con Capossela, Toffolo ha commentato: «Mi è venuta la caposselite. Cioè la tendenza a crearmi attorno il mio circo». Un circo talmente ricco e pieno di emozioni e colori, che ci vuole un po’per metabolizzarlo.

L’apertura del concerto è affidata al singolo «Il Gigante e il Mago», seguito da «In Clandestinità» «Parla Piano» e «Una Giornata Perfetta». Tutta la prima parte dello spettacolo verte sull’ultimo disco. Canzoni dalle atmosfere intimiste e sospese nel tempo. Dopo l’intervallo, comincia una seconda parte in cui la scaletta pesca invece dai precedenti lavori. «Bardamù», «Maraja» «Con una Rosa», «Brucia Troia»: l’atmosfera si fa molto più movimentata. Nella seconda parte, Vinicio si rinchiude in una gabbia. Ingabbiato in quello che il pubblico da lui si aspetta: per esempio l’interpretazione dei cavalli di battaglia che a lui sono ormai venuti un po’a noia. In finale, dopo i bis, ancora un accenno a «Il Gigante e il Mago», per chiudere il cerchio. Dopo tre ore, si esce dal Rossetti un po’tutti con la caposselite. Acuta.

Elisa Russo, Il Piccolo 19 Febbraio 2009

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