VINICIO CAPOSSELA POLITEAMA ROSSETTI 10.04.22

«Il Friuli Venezia Giulia per me è un’idea a cui tendere, ne sono attratto da sempre», ha dichiarato Vinicio Capossela, che con Trieste ha un rapporto consolidato fatto di amicizie di vecchia data. Lo si può vedere spesso in città, indipendentemente da impegni lavorativi, a fotografare un tramonto sul Molo Audace o seduto ai tavoli del Caffè San Marco. Dopo la lunga assenza dai palchi cittadini dettata dalla pandemia (più volte annullata una data che avrebbe dovuto tenersi al Miela) arriva l’annuncio del suo “Round one thirty five 1990 – 2020. Personal Standards” al Politeama Rossetti domenica 10 aprile alle 21 (organizza VignaPR e AND Production in collaborazione con il Politeama Rossetti – Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia) per celebrare i trent’anni del suo disco d’esordio “All’una e trentacinque circa”. Una notizia che arriva in una giornata speciale, quella di ieri, che ha visto Capossela per la prima volta all’Ariston, ad accompagnare Giovanni Truppi nella serata delle cover. «Mi è sembrato naturale – commenta Capossela poco prima di andare in scena – accogliere l’invito di Truppi a salire con lui sul palco di Sanremo».

Cosa l’ha colpita?

«È un artista fedele alla sua idea di musica e mi piace il modo in cui interpreta il ruolo del cantautore. Abbiamo diversi amici e collaboratori in comune che si sono rivolti a me affettuosamente come a un vecchio zio. La musica è una lunga fila di gente che si passa il secchio per spegnere un fuoco lontano, ho pensato che potevo dare una mano a passare il secchio».

Che ne pensa del brano scelto per il duetto, “Nella mia ora di libertà” di Fabrizio De André, tratto da “Storia di un impiegato”?

«Mi è piaciuta la rivisitazione che Giovanni mi ha proposto, probabilmente la più forte canzone mai scritta sul tema del carcere. Una canzone di grande radicalità che sottolinea come non ci sia possibilità di conciliazione tra detenuto e detentore. La nostra società ha sempre più bisogno di punizione. Calano i reati ma crescono esponenzialmente le detenzioni, in condizioni di precarietà e sovraffollamento, che riguardano gli strati più deboli. La società punisce soprattutto quelli che la disparità sociale sulla quale si regge ha condannato a stare in basso».

La pandemia ha aggravato la situazione?

«Non dobbiamo dimenticare cosa il Covid abbia significato per la popolazione carceraria, in termini di perdita di diritti, a partire da quello più importante che, a prescindere dal virus, in carcere è già profondamente sacrificato: il diritto all’affettività».

Cosa la aspetta dopo Sanremo?

«Tornerò ad esibirmi dal vivo nei teatri in primavera e proprio ieri ho annunciato il concerto evento “Round one thirty five 1990 – 2020. Personal Standards” al Rossetti di Trieste, accompagnato dagli storici collaboratori Giancarlo Bianchetti, Enrico Lazzarini e Antonio Marangolo, che avevano curato gli arrangiamenti dei miei primi tre dischi».

Di recente è stato ospite speciale nel singolo “Solo Musica” del triestino Simone Zampieri in arte The Leading Guy. Com’è nata la collaborazione?

«Tutto comincia con Renzo Fantini e la sua agenzia Concerto. Avevo 24 anni e non trovai soltanto un agente e un grande produttore, ma una famiglia; hanno raccolto il testimone i suoi figli Milo e Luigi Fantini e Rita Allevato. Ora Concerto Music ha prodotto il primo disco in italiano di un giovane, bravissimo artista. Come membro di questa famiglia oltre che dare un piccolo contributo vocale di cui non c’era bisogno (Simone canta benissimo le sue cose), mi sono sentito di partecipare con la vicinanza al battesimo di questo ottimo The Leading Guy (che si avvale anche di altri due grandi compagni di strada, Taketo Gohara e Alessandro “Asso” Stefana, e prende il suo nome da un amore comune, Micah P. Hinson) con l’augurio di una profonda e fruttuosa avventura umana in musica, che è sempre stato il marchio di fabbrica di Fantini e Concerto».

Elisa Russo, Il Piccolo 5 Febbraio 2022

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