«Questo libro si legge dopo “Macerie prime” che è uscito a novembre. Se l’hai già letto, non rileggerlo prima di iniziare questo volume: i personaggi della storia si sono persi di vista per sei mesi ed è giusto che anche tu li ritrovi come stanno per ritrovarsi loro»: Zerocalcare dà questo suggerimento ai lettori che si trovano tra le mani «Macerie prime – sei mesi dopo» (Bao Publishing, pagg 192, 17 €), romanzo grafico che l’anno scorso aveva deciso di suddividere in due volumi perché «sennò veniva un malloppo illeggibile di 400 pagine». «È un esperimento – spiega il fumettista col suo romanesco – perché io non so mai stato bono a gestire storie con tanti personaggi esterni alla mia capoccia, questo invece è un libro corale».
Un mondo di macerie: è quello di una generazione di precari di cui Zero – seppur privilegiato per il suo lavoro – fa parte, ben rappresentata dalle parole “Qui ci manca tutto. Non ci serve niente” che l’artista ha scritto su un murale del suo amato quartiere, Rebibbia.
Non se la sente, però, di definirlo un racconto generazionale: più umilmente lo ritiene il ritratto di sé e della tribù che gli sta attorno, ma alla fine ammette che – se qualcosa di universale c’è – è perché “abbiamo mangiato tutti le stesse merendine e guardato gli stessi cartoni animati”.
Calcare mette a nudo le sue paranoie e le sue manie, come quella che lo spinge ogni mattina a collegarsi al web per controllare “cosa hanno scritto tutte le persone dell’universo su di me nelle ultime 24 ore” finché si ritrova a litigare virtualmente con il Mitomonio Tastieroni di turno, surfando tra un “accollo” e l’altro (di chi lo contatta per le cose più insensate, da quelli che pretendono un supporto “contro la gentrificazione della Mesopotamia” a quelli del “workshop su come si leva la crosta della pizza”). Attorno a lui, l’universo colorato di personaggi come il Deprecabile, ingabbiato nella routine con il suo “diploma di immobilità”, il Secco che insegna ad alunni disillusi (i “nativi delle macerie”), Cinghiale alle prese con la paternità, mentre l’Armadillo (sorta di storico alter ego-coscienza di Calcare) sembra sostituito da un Panda cinico (ma c’è una sorpresa).
In bilico tra lavori poco appaganti e insicurezze, i protagonisti cercano di diventare adulti, con un dubbio: «Chissà se sono più le cose che guadagni o quelle che perdi, quando impari a campare».
Elisa Russo, Il Piccolo 23 Maggio 2018